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Ho scoperto l’amore, quello vero, in una fredda giornata di gennaio.
Il termometro segnava 20 gradi sottozero, nevicava e mi trovavo a Praga, in un’antica villa arroccata su un promontorio sopra la Moldava.
Quel giorno, alle 15.17 del 17 gennaio 2017, nacque Alessandro, il mio primo figlio.
L’ostetrica, oltre a lui, prese in mano il foglio della mia vita, stracciandolo sotto i miei occhi. Da padrone indiscusso, da capitano della nave che amava navigare dove soffia il vento del desiderio, mi ritrovai mozzo in cambusa, sballottato dalle onde e dalle incertezze di quel mare sconosciuto.
L’amore, prima di allora, aveva assunto nella mia vita forme mutevoli.
C’era stata la passione, l’annullamento della razionalità, il fuoco che ti abbaglia, ma che presto si spegne. E dopo non rimane niente, neppure la brace; solo cenere presto spazzata dal vento.
C’era stata la compassione, l’avere confuso l’amore con la pietà, caricarsi sulle spalle il fardello altrui, e credere fosse il mio. Dimenticare che l’amore deve riempirti il cuore, farti stare bene, non essere motivo di sofferenza.
C’era l’amore per la mia famiglia: mia madre, mio padre e mio fratello. Un mosaico fatto di ricordi, rispetto ed educazione, conflitti e riappacificazioni. Un sentimento forte, che hai dentro, lo condividi dalla nascita, ma non lo scegli.
Perché l’amore, quello vero, come l’ho capito io, mette la loro felicità prima della tua, è la bocca riarsa dal sole che tende il bicchiere d’acqua, è il tozzo di pane che, indifferente al lungo digiuno, lasci a loro, è il sorriso che gli fai anche se il tuo cuore gronda dolore, sono gli occhi lucidi quando si rannicchiano fra le tue braccia, è l’ambizione che hai messo da parte per stargli accanto, è la notte quando non dormi per guardare il loro volto, è il tutto generato dal niente.
L’amore è la terribile paura che mi sovviene di morire, e lasciarvi soli, figli miei, in questo mare in tempesta.
Claudio Colombi. Autore del libro “La Bibbia di Kolbrin“.
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